Ultima modifica: 22 ottobre 2019
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Povertà educativa: allarmanti i dati di Save the Children

Ancora una volta, i dati dell’Atlante dell’infanzia a rischio 2019, “Il tempo dei bambini”, presentato il 21 ottobre 2019 da Save the Children, ci consegnano la fotografia di un paese fortemente impoverito sul piano del diritto all’istruzione, con l’evidente, significativa riduzione della spesa su scuola, università e ricerca che dal 2009 a oggi è passata dal 4,6% del PIL al 3,6% del 2016 contro una spesa che raggiunge il 5% del PIL di altri paesi europei.

I bambini che vivono in condizioni di povertà assoluta sono passati dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018, mentre 1 giovane su 7 ha abbandonato precocemente gli studi: la percentuale nazionale di dispersione scolastica nel 2018 è pari al 14,5%. Infine, la mancanza di investimenti sulla scuola si evidenzia anche sulla condizione delle strutture scolastiche: secondo il rapporto il 79% delle scuole censite nelle aree a medio-alta pericolosità sismica non hanno una progettazione antisismica e il 53,9% delle scuole italiane monitorate non ha il certificato di agibilità.

In tempi in cui si pensa a nuove forme di autonomia differenziata, l’impegno del nostro Paese non solo non ha colmato le differenze tra nord e sud, ma la riduzione delle risorse ha peggiorato la condizione dei bambini nati nel Mezzogiorno. Infatti, sebbene il dato nazionale raggiunga il 14,5% di dispersione scolastica, le differenze tra regioni sono molto ampie: la Sardegna raggiunge il 23%, mentre, anche in Calabria e Sicilia, si supera il 20% di alunni dispersi. Numeri che, come evidenziato da recenti ricerche, alimentano la categoria dei NEET (Not engaged in Education, Employment or Training), giovani di età compresa tra i 15-29 anni che non sono impegnati né in percorsi formativi, né in attività lavorative. Sono circa 2,2 milioni in tutto il Paese (dato riferito al 2017), il 24% del totale dei giovani italiani, mentre al Sud si raggiunge il 34,4%, contro una media europea del 14,2% e l’8,8% della Germania.

Come FLC CGIL, chiediamo al governo di non continuare a ignorare questi dati e di restituire ai settori della conoscenza le risorse che sono state sottratte negli ultimi dieci anni. La mannaia che si è abbattuta sui nostri comparti a partire dalle leggi Gelmini Tremonti ha avviato un percorso che non ha più subìto una inversione di rotta. Dal dossier emergono, infatti, gli effetti che ripetutamente la FLC CGIL ha segnalato e che si sono concretamente realizzati, producendo un peso che pagano le nuove generazioni di questo paese.

In questi giorni si procederà nella definizione della manovra economica, si dettaglieranno le destinazioni delle risorse e, a fronte dei dati emersi, è necessario immaginare un futuro diverso per tutti i ragazzi e le ragazze che sono abbandonati alla dispersione scolastica. Al Ministro Fioramonti e a tutto il Governo chiediamo di individuare l’investimento nei settori della conoscenza come priorità strategica, non solo per il reale esercizio del diritto allo studio, ma anche rispetto alla crescita dell’intero sistema produttivo. È indispensabile investire in scuola, università e ricerca per consegnare a questi nostri giovani concittadini, a tutti loro, ovunque siano nati e vivano, la possibilità di istruirsi, formarsi e rendere migliore ed anche economicamente più sviluppato l’intero Paese”.